Le api e l’equilibrio della Terra

L'alveare: una forma di società completamente autosufficiente ma soprattutto utile ed essenziale alla nostra sopravvivenza sul pianeta

L’alveare


Ecco l’alveare:
le api vuoi trovare?
Guarda nel buco tondo,
sono nascoste in fondo.
Le puoi sentir ronzare,
mentre lasciano l’alveare
Contale insieme a me:
una, due e tre!


Una per una è impossibile contarle, sono decine e decine di miliardi, tra domestiche e selvatiche. Le specie conosciute, invece, sono circa venticinquemila, sparse in tutto il mondo, Antartide escluso. Saul Cunningham, ricercatore dell’Australian National University di Canberra, afferma che sono la specie animale più importante per la sopravvivenza del pianeta. In particolar modo va protetta l’ape mellifera europea (apis mellifera), per la sua capacità di diffusione e adattamento a tanti ambienti diversi.
Lavorare con le api è una sfida, perché sono animali che non possono essere addomesticati, è impossibile imporre loro delle regole, bisogna solo imparare a conoscerle e seguirne le inclinazioni.
Le api comunicano, sono animali estremamente sociali e, una volta appreso il loro linguaggio, le interazioni sono di grande soddisfazione reciproca, tra questi insetti e gli allevatori.


L’uomo e le api

La raccolta del miele documentata è datata intorno al 12.000 a.C., ne è testimone una pittura rupestre del neolitico della «cueva de la Araña» (la grotta del ragno) che si trova presso Valencia, in Spagna.
Un altro graffito, ritrovato nello Zimbawe, appartenente anch’esso all’era preistorica, ma di datazione più recente, mostra un uomo che affumica un nido di api per stordirle e prelevarne il miele e potrebbe essere la più antica testimonianza di questo trattamento.
Nei secoli, il miele e la cera divennero sempre più necessari alla vita domestica e le api assunsero sempre maggiore importanza, fino al punto di diventare anche un simbolo religioso.
L’apicoltura, nei secoli successivi, ebbe sempre più rilievo e fu oggetto, nell’antica Grecia anche di un trattato di Aristotele. Più tardi, in epoca romana, se ne occuparono con i loro scritti Plinio il Vecchio naturalista, Columella agronomo e Virgilio poeta, che dedicò alle api il IV Libro delle Georgiche.
Sia la produzione del miele sia soprattutto quella della cera, che trovava grande utilizzo presso gli ordini monastici e per l’uso fondamentale che se ne faceva per l’illuminazione, non videro mai declino.
Se tutti conoscono le proprietà del miele, non si può dire lo stesso della cera, prodotto altrettanto prezioso dell’alveare, utilizzato nella cosmesi, nell’artigianato e come rimedio naturale contro i dolori e le malattie delle prime vie respiratorie.
Le api la adoperano per la costruzione dei favi, le piccole celle dove l’ape regina depone le uova e le operaie custodiscono il miele e il polline.
La cera viene secreta dalle ghiandole addominali, staccata con le pinze delle zampe posteriori e lavorata con le mandibole per amalgamarla quindi utilizzata.


L’alveare, un complesso universo sociale


In un alveare possono vivere dalle ventimila alle sessantamila api che sono divise in ape regina, una sola, api operaie, 85% della popolazione, tutte di genere femminile e fuchi, maschi 15%. Questi e la regina hanno funzioni procreative; in più la regina emette una sostanza, i feromoni, che regola il comportamento di tutti i componenti dell’alveare e rende sterili le operaie che, per cinque sei settimane, tanto dura la loro vita, svolgeranno incarichi più o meno pesanti, a seconda dell’età.

Il primo lavoro dell’ape, dopo i ventuno giorni di trasformazione dallo stato di uovo a quello di insetto, sarà la pulizia della sua cella per fare posto ad altre uova. Accudirà poi le nuove larve e, col passare dei giorni, si occuperà di tenere in ordine l’alveare: stivare nettare e polline nelle cellette, fare la cera. Raggiunta l’età adulta, che corrisponde a circa venti giorni, l’ape esce, diventa bottinatrice cioè raccoglitrice di risorse per l’alveare: polline per nutrire le larve, nettare per fare il miele, talvolta acqua per bere o raffreddarsi e resina per fare la propoli. Continuerà a svolgere queste operazioni per circa dieci giorni, fino a quando morirà per sfinimento.

Ape-bottinatrice
Ape bottinatrice

E l’ape regina?

Nasce da un uovo perfettamente identico a quello delle api operaie. La differenza è tutta nell’alimentazione, infatti viene nutrita con la pappa reale, ricca di zuccheri, prodotta dalle operaie a questo scopo, oltre i tre giorni dalla nascita.
Questo le permette di crescere di dimensioni rispetto a un’ape operaia e di emettere i feromoni, che utilizza durante i voli all’esterno dell’alveare per attirare i fuchi con i quali si accoppia una sola volta nella vita, ma con diversi di essi, che moriranno subito dopo, perché i loro organi riproduttivi vengono strappati e restano all’interno della regina.
Rientrata dal volo nuziale, dopo tre giorni comincia a deporre una notevole quantità di uova e riprenderà la sua usuale funzione regolatrice tra le operaie emettendo feromoni, fino alla sua morte, quando verrà allevata una nuova regina.

Le danze

Le api, però, oltre ai feromoni, utilizzano anche altri mezzi per comunicare fra loro, sono dei movimenti simili a una “danza” molto complessi, che servono a fornire precise informazioni per la ricerca di un nuovo nido e per la raccolta del cibo.
Per trasmettere la scoperta di un luogo dove fare buone scorte, la comunicazione avviene con una specie di danza detta “circolare o scodinzolante” a seconda delle distanze da percorrere. Con questi movimenti viene indicata la meta da raggiungere, tenendo sempre come punto di riferimento il sole.
La raccolta del cibo rappresenta una funzione fondamentale all’interno dell’alveare, ma in primavera, quando è abbondate, si verifica un eccessivo aumento della popolazione, così circa due terzi delle operaie con alcuni fuchi lascia il nido per trasferirsi altrove, sciamando con la vecchia regina.
Questa, prima di volarsene via, compie un ultimo atto, depone nuove uova in venti celle preparate dalle operaie, per allevare la futura ape regina, che dovrà vincere la lotta con le altre nuove nate, fino alla loro morte.

Dopo la “sciamatura” le api, riunite in gruppo in una sistemazione provvisoria, attendono il ritorno delle numerose esploratrici volate via alla ricerca di luoghi dove annidarsi. Al loro ritorno, annunciano di aver trovato un nuovo possibile sito con la danza scodinzolante, fornendo la distanza e la direzione per raggiungerlo, con ritmi serrati e figure multiformi.
Altre operaie, incitate dalla danza, vanno in visita alla meta proposta e al loro rientro riprendono la danza delle compagne per sciamare poi con la regina verso il nuovo ricovero. I siti visitati sono molti e, dopo una serie di comunicazioni via via più complicate, lo sciame sceglie quello più adatto alle proprie esigenze.


I killer delle api


Se i prodotti apiari sono sempre graditi e consumati, dalla fine degli anni ’90, invece, è cominciato il fenomeno conosciuto come “Sindrome dello spopolamento degli alveari”, che si è diffuso rapidamente in vaste zone del mondo, Italia compresa.
La decimazione delle api va di pari passo col degrado delle condizioni del pianeta Terra. Sono molti i fattori che minacciano la loro vita, il più delle volte determinati dall’uomo.
Le peggiori minacce sono rappresentate dal mutamento climatico, che degradano l’ambiente in cui l’ape si muove per nutrirsi, impedendo la sua funzione impollinatrice, che mantiene in vita la biodiversità.
Sono altrettanto nocive le sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura industriale, soprattutto i micidiali neonicotinoidi, che provocano forme di intossicazioni dall’effetto letale e anche comportamenti inconsueti in questi insetti come l’incapacità di nutrirsi, di riconoscere il profumo dei fiori e la perdita di orientamento.
I neonicotinoidi sono anche dannosi per i fuchi, i maschi delle api, perché una volta esposti a questi veleni, non riescono più a procreare così come per gli altri insetti impollinatori.
L’Unione Europea alla fine del 2018, dopo numerosi studi e dibattiti, ha bandito alcuni di questi prodotti tossici, ma ne restano ancora altri molto nocivi.
Le api mellifere hanno un ulteriore temibile nemico, l’acaro varroa, un parassita che vive e le insidia all’interno dell’alveare, unico luogo in cui riesce a riprodursi. Si attacca al loro corpo e ne succhia la linfa, portandole alla morte. E con gli acari sono in agguato i virus che, servendosi del loro corpo, si introducono tra le api, le contagiano, decimandone la popolazione, il più pericoloso è quello detto delle “ali deformate”.
Le api oltre che comunicare fra loro, “dialogano” con le piante. Alcuni ricercatori hanno scoperto che il ronzio che emettono è un segnale per stimolarle insieme ai fiori a preparare il nettare entro pochi minuti, incrementando la quantità di polline e la sua concentrazione zuccherina.

Se l’ape troverà tutto di suo gradimento, tornerà di nuovo da quei fiori o da quelle piante a fare provvista, collaborando così per la prosecuzione delle specie con l’impollinazione, che dà vita alla moltiplicazione dei fiori e alla nascita dei frutti, favorendo la riproduzione di molte specie di piante spontanee e coltivate.

Questo insieme di operazioni è fondamentale per il mantenimento della vita del pianeta e della biodiversità.

L’ONU, data l’importanza che questo insetto riveste per l’equilibrio della Terra, ha stabilito la giornata mondiale delle api il 20 maggio.

Lo spopolamento degli alveari va di pari passo con il degrado del clima.

Il 5 giugno si celebra la giornata dell’ambiente e noi di FoodBio vogliamo ricordare ancora una volta le api come elemento fondamentale per la diffusione della biodiversità e la salvaguardia dell’ambiente

Per saperne di più:

Esempio di sciamatura

Nell’alveare