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Il Food Porn avanza e si diffonde

"Siamo ciò che mangiamo", in un’epoca dove conta più apparire che essere, siamo anche ciò che guardiamo e il food porn ne è la perfetta conferma

“L’uomo è ciò che mangia” (Ludwig Feuerbach da: Il mistero del sacrificio, 1862)

Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach con questo aforisma, in maniera molto sintetica, esprime il concetto che senza cibo non si riesce a pensare, che il pensiero nasce nella pancia “piena” per arrivare infine alla testa. E conclude: “Perché tu introduca qualcosa nella tua testa e nel tuo cuore è necessario che tu abbia messo qualcosa nello stomaco”, sovvertendo con poche parole il principio fondante di quella filosofia che aveva messo prima di tutto le idee elaborate dal cervello.

Le contraddizioni sociali del cibo

La storia della nutrizione è strettamente connessa alla storia dell’uomo e alla sua evoluzione sociale, a cominciare dai raccoglitori e cacciatori nomadi della preistoria. Il sostentamento alimentare è da sempre al centro di dibatti dove si discute della sopravvivenza di intere popolazioni destinate a morire a causa della cronica carenza di alimenti primari come proteine e vitamine. Una situazione che affligge vaste zone del mondo e che ancora oggi non ha trovato una soluzione adeguata e definitiva.

E da un estremo drammatico si passa a un altro, ma grottesco: mentre si muore per fame nei paesi del Terzo Mondo, si perde la vita per ipertrofia alimentare ossia per eccesso di cibo, nella restante parte del pianeta a causa del junk food, il famigerato cibo spazzatura. Nasce così un continuo stimolo a ingoiare definito bulimia, in una sfrenata smania per l’accumulo, che spinge a consumare più di quanto si riesca a smaltire.

Esiste, però, sempre in crescendo, da qualche anno, una terza via al cibo, una forma di “gastromania” che imperversa, sempre più ossessiva, soprattutto nei programmi tv e nei social media: mostrare il cibo elaborato e non mangiarlo mai. Il trionfo della società dello spettacolo.

Il Food porn nella tradizione

Questo fenomeno, dalla definizione piuttosto singolare, food porn vanta una tradizione antica. Per esempio i Saturnalia, che si festeggiavano nell’antica Roma, durante il solstizio d’inverno, con banchetti e orge sfrenate. Nel Medio Evo cristiano, questi riti sono accolti anche dalla chiesa, sono solo spostati temporalmente nei giorni che precedono la Quaresima, per rallegrare gli animi in previsione del lungo periodo di digiuno che si concluderà a Pasqua. In questo periodo, identificato poi nel Carnevale, tutti i valori correnti vengono sovvertiti e le ragioni materiali e corporali prendono il sopravvento.

Dopo il Medioevo, è necessario arrivare fino al Rinascimento per incontrare di nuovo la glorificazione del cibo, presente ed esplosiva in Gargantua e Pantagruel, opera molto famosa in cinque libri di François Rabelais, scrittore francese del XVI secolo, dove si rappresenta l’apologia dell’abbondanza, il trionfo dell’eccesso che più si avvicina alla filosofia del food porn, con la processione di continui banchetti, con l’iperbole di sapori e di gusti.

Nel romanzo di Rabelais nasce una nuova religione, la Gastrolalia o adorazione dell’apparato intestinale con il suo nuovo dio Gaster (stomaco), al quale i suoi seguaci, i Gastrolatri, con l’invenzione di pietanze esagerate dai nomi improbabili, recano offerte iperboliche.

Cos’è il food porn

Il food porn è la Gastrolalia del XXI secolo: ipertrofia alimentare, trasgressione e, ancora una volta, eccesso ed estremismo, ma con una differenza sostanziale, è cibo che è stato cucinato soprattutto per essere guardato e non mangiato.

La definizione di food porn nasce nel 1984, da una riflessione della scrittrice Rosalinda Coward, nel suo libro Female Desire in Women’s Sexuality Today. Tutto nasce dalla moda di spettacolarizzare il cibo, di esibirlo, di attribuirgli un ruolo di feticcio da mostrare e contemplare, seducente, non più da consumare in convivio, ma ridotto a oggetto disconnesso dalla realtà. Secondo la Coward, il desiderio che suscita è paragonabile al desiderio sessuale maschile ogni volta che si trovi davanti a un eccitante corpo femminile, divenendo così, nella sua ridefinizione estetica, sfacciatamente esibita, pornografia del cibo.

L’ossessione mediatica

L’ossessione della preparazione minuziosa del cibo in tv, in format televisivi dedicati, la sua esaltazione nei social di fotografie di vivande cucinate che dovrebbero essere consumate, ma che all’occhio del fruitore non lo saranno mai. Perfette nella loro confezione, stimolanti e desiderabili, ma anche vagamente disgustose nel loro iperrealismo, provocano una forma di feticismo esasperato.

Il food porn è un prodotto della gastronomia fantastica, che non persegue il suo naturale fine, quello di essere gustato, assaporato convivialmente. È creato da maghi gastronomi e utilizzato per eccitare la fantasia, perché il cibo non lascia mai indifferenti ma, in questo vuoto di convivialità e condivisione, stimola una specie di masturbazione culinaria.

La condivisione in rete delle foto di questi piatti elaborati è diventata ormai un’operazione maniacale che ha, spesso, uno scopo pubblicitario e viene utilizzato da ristoratori, titolari di pub, pasticcerie, forni, negozi di gastronomia per lanciare nuovi piatti che propongono e promettono nuovi e audaci accostamenti o “fusion” di alimenti e di sapori, per stuzzicare i palati più curiosi e sofisticati.

Illusion cakes ovvero le torte del “fantastico”

In questa corsa all’eccentricità, al bizzarro, allo stravagante, la pasticceria non si è certamente fatta da parte. L’ultima tendenza che impazza, per stupire i grandi golosi, è la torta realistica, anzi iperrealistica: la illusion cake. Si tratta di dolci che rappresentano oggetti di uso quotidiano: una borsa, una saponetta con la schiuma, un rotolo di carta igienica oppure parti del corpo come per esempio il cervello o un animale, la creatività in questo campo non ha limiti.

La creatrice di questo strabiliante e ironico filone di cake design è Tuba Geckil, pasticciera di Red Rose Cake, che ha riscosso un successo straordinario in tutto il web e il merito di averla lanciata in rete va a un tweet di Web Tasty di Buzzfeed. Naturalmente non mancano i proseliti, che ricercano la torta “impossibile”, “la torta non torta”, ognuno specializzato a riprodurre soggetti/oggetti a volte inquietanti, eccessivi e di cattivo gusto.

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Opere d’arte o più semplicemente kitsch?

Se qualche ammiratore goloso grida all’opera d’arte di fronte a queste dolci sculture, c’è d’altra parte chi storce il naso, perché gli ingredienti, tutti a lunghissima conservazione, sono dei veri e propri mattoni, gli impasti e le creme devono fare da impalcatura all’opera e da collanti, con grande dispendio di pasta di zucchero, per non parlare dei coloranti, c’è da chiedersi in tutta questa operazione quanto ne scapiti il gusto.

Anche il movimento futurista e quello dadaista hanno voluto cimentarsi nel campo culinario con provocazioni artistico-alimentari, proponendo gli “ortocubi di verdura, le fragole-mammelle di ricotta erettile, gli antipasti intuitivi, le fusoliere di vitello…”. Il progetto era di trasformare in qualcosa di straordinario la quotidianità del cibo, rimanendo comunque circoscritti nei confini dell’arte “da consumare”, qualunque significato questa definizione possa avere.

Questo nuovo modo di approcciarsi al cibo, imposto dai social è snaturato e innaturale e rappresenta un grande inganno, perché il ruolo di protagonista assoluto, completamente avulso dalla realtà non gli appartiene.

Il cibo vero e sano, preparato con amore, da gustare insieme come dono, è la base di un atto più ampio di partecipazione conviviale, in stretta vicinanza e confidenza con chi è partecipe dell’atto quotidiano del mangiare e deve essere rispettato per la sua funzione sociale di relazione e convivenza e non omologato nella rappresentazione dei media e dei social.

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